Un rumore appena accennato che culla il mio sonno comincia a
diventare più forte, a tratti fastidioso.
E' un picchiettare che inizialmente sento con il mio pigro udito
ma che, nel risvegliarmi dal sonno, inizio a sentire anche fisicamente.
Tic, tic, tic ... sulle braccia nude.
Tic, tic, tic ... sulla fronte bagnata.
Lentamente mi risveglio dal torpore e mi accorgo che non è solo la
mia fronte ad essere bagnata ma l’intero mio corpo.
Quando guardiamo verso l'alto mentre piove, la pioggia sembra
invaderci totalmente. Come se, prima di partire da quella nuvola lassù,
prendesse bene la mira per raggiungerci e toccarci con foga, avidità. Come se
fosse lei ad avere bisogno di noi e non il contrario.
Ormai sono cosciente, gli occhi sono aperti e il respiro è più
veloce. Inizio a sentire freddo, tanti puntini rosa sulla mia pelle nuda e
gelata.
Mi guardo intorno per cercare di capire dove mi trovo e mi vedo
sdraiata con metà corpo sul marciapiede e l'altra metà sulla strada, sporca e
in una posizione che mi mette i brividi.
Ma che ci faccio qui?
Il colore che vedo in alcune parti del mio corpo è come un
inquietante flashback.
Inizio a sentirmi bagnata, non dalla pioggia questa volta, ma dai
singhiozzi che inizio ad emettere. E mentre asciugo le lacrime con le mani
mi rendo conto che anche il mio viso è dello stesso colore.
Ricomincio a riappropriarmi dei miei ricordi recenti, come se mi
fossi appena svegliata da un coma profondo come il mare.
Vedo sangue.
Anche la mia lingua sa di sangue.
Il dolore che provo quando tento di cambiare posizione è insopportabile.
Mi rendo conto di non riuscire a tirare su la schiena dal marciapiede.
Ho mal d'anima al pensiero di guardarmi lì in mezzo. Fa male se
tengo le gambe aperte, fa male se le tengo chiuse. Fa così male che è come se
mi stessero bruciando viva. E’ come essere stata svuotata di un qualcosa che
fino ad allora mi permetteva di stare al mondo.
La pioggia si unisce al mio sangue e se lo porta via scivolando
veloce sul mio corpo come se volesse guarirmi e pulirmi lei stessa.
Mi chiedo se possa fare lo stesso con la mia anima ormai
distrutta.
Mi guardo in giro stupidamente come se il passo successivo a quel
momento fosse scritto su qualche insegna dei negozi in zona.
Barcollo mentre tento di alzarmi. Il male che sento è indomabile e, appoggiandomi alla macchina accanto a me, mi risiedo sul marciapiede come un
pugile messo K.O. sul ring.
Non riesco a smettere di lacrimare anche se mi rendo conto di piangere
per il dolore fisico e non per ciò che è accaduto.
Come se avessi sempre saputo che, prima o poi, sarebbe successo.
Come se, tutte le sere in cui son tornata a casa la sera tardi
camminando svelta verso la porta di casa, avessi sempre saputo che una sera,
quella porta, non l’avrei raggiunta.
Sono una donna consapevole. Consapevole che succede. Succede
sempre. Succede a tutte.
Ogni giorno e ogni notte una vita di donna viene privata della sua
dignità nutrita dal tempo, della sua anima vigorosa e del senso di
emancipazione anelato dalle sue ave.
Oggi, stanotte, è toccato a me.
E domani, per tutto il resto del mondo, è un altro giorno come
tanti altri.
Bel racconto, inizialmente pensavo a un incidente stradale o qualcosa di simile, poi ho capito dove volevi arrivare. Molto meglio così, da un senso più profondo toccando un tema serio come quello della violenza sulle donne.
RispondiEliminaInfatti, come Cervello, inizialmente sembrava la descrizione di un incidente stradale...
RispondiEliminaBel racconto, ben scritto, ottimo ritmo. Tematica purtroppo sempre attuale.
Moz-
intenso... non dico altro...
RispondiEliminaTouched...la donna nel racconto ma anche la lettrice che sono io.
RispondiElimina(che poi da apprensiva come sono ho subito pensato "Oddio! ma che davvero??") :)